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MARIO RAPISARDI

shadow Mario Rapisardi

Mario Rapisardi - Poeta e pensatore profondo.

Professore di letteratura italiana all'Università di Catania. L'opera sua di poesia si svolse per sincera convinzione a concezioni filosofiche, politiche e sociali razionaliste. Alle liriche giovanili fanno seguito i poemi filosofici: «Palingenesi» che canta l’accordo fra la fede e il progresso; «Lucifero» canta della ribellione religiosa; «Giobbe» in cui l’eroe biblico è assunto a simbolo dell’umanità; «Atlantide» di ispirazione socialista, a cui fa seguito «Giustizia». Scrisse anche Epigrammi e fu traduttore egregio di Lucrezio, di Catullo, di Orazio e di Shelley.

Biografia Mario Rapisarda

(Rapisardi si chiamò poi, in sottinteso omaggio a uno dei suoi autori preferiti, Leopardi) nacque a Catania il 25 febbraio 1844 in via Penninello 33 -traversa di via Etnea-. Nel marzo 1883 andò ad abitare nella zona di piazza S.Maria di Gesù, esattamente nel villino Caudullo, in via Cifali, e là rimase fino al luglio del 1885. Suo padre, un agiato procuratore legale, pur non impegnato politicamente, era di idee liberali e amico di alcuni dei rivoluzionari borbonici fucilati nel '37. Mario, oltre ad amare la letteratura e la storia, suonava discretamente il violino e coltivava la pittura. Studiò dai gesuiti. Nel '59 esordiva con l'Ode a Sant'Agata vergine e martire catanese. Lettore appassionato di Alfieri, Monti, Foscolo, Leopardi e di vari autori risorgimentali, scrisse, ancora adolescente, un Inno di guerra, agli'italiani e l'incopiuto poemetto Dione, nella cui prefazione esalta le battaglie di Solferino, Palestro e Magenta, partecipando così all'atmosfera politica di quei mesi, che pose fine alla monarchia borbonica. Per contentare il padre, frequenta un corso di giurisprudenza, ma non giungerà a laurearsi. Invece lo interessa moltissimo lo studio dei classici greci e latini, che gli suggeriscono le prime traduzioni, le ricerche filologiche e filosofiche di carattere positivistico. Frutti di questo periodo formativo il poemetto Fausta e Crispo e i Canti.

Nel'65 parte per Firenze, allora capitale del Regno, per il centenario della nascita di Dante, cui dedicò l'ode declamata in quell'occasione, e qui, in un clima acceso da fermenti mazziniani e repubblicani, stringe amicizia coi poeti Dall'Ongaro, Prati, Aleardi, Fusinato, Maffei, col dotto Pietro Fanfani, con l'orientalista De Gubernatis e con altri importanti artisti e intellettuali.

Nel'68 pubblica il suo primo poema, La Palingenesi, dove in 10 canti polimetri che è un canto a Roma, condanna la corruzione del clero e difende l'azione moralizzatrice di Lutero, prospettando col connubio arte-scienza il ritorno del cristianesimo alla purezza originaria. Così esordisce:" Sia principio da te, luce inconsumata/Di verità: coeva a Dio tu splendi/Per la notte dei tempi..." Il successo dell'opera (Verga fu uno dei primi a congratularsi) echeggia anche all'estero (Victor Hugo è tra i più significativi estimatori), mentre il municipio di Catania assegna all'autore una medaglia d'oro e il ministro Correnti lo chiama a insegnare letteratura italiana nell'ateneo catanese.

Nell'85 si sposa con una diciottenne assunta come segretaria, Amelia Poniatowski, figlia di genitori ignoti: gli sarà compagna fedele per tutta la vita. Il nome di Rapisardi, rimasto in ombra per tutto il periodo del fascismo, riemerse grazie agli studi di Concetto Marchesi, Asor Rosa, La Penna e Saglimbeni.


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